Ott 14, 2020 | Comunicati stampa CIRF

Dissesto idrogeologico: le opere non ci salveranno, dobbiamo restituire spazio ai fiumi

Nella recente Informativa del Ministro alla Camera sul dissesto idrogeologico a seguito degli eventi alluvionali di inizio ottobre, il Ministro Costa ha parlato di una pioggia di miliardi alle Regioni e ai Comuni e ha puntato tutto sull’accelerazione della spesa: “in due anni” – sostiene Costa – “abbiamo raddoppiato l’indice di accelerazione della spesa. […] Già sono stati firmati accordi di programma con le Regioni per un valore totale di 3,6 miliardi di euro. E sono pronti accordi per altri 3 miliardi. In Liguria abbiamo già finanziato 17 interventi e 140 in Piemonte”.

Ma dare alle Regioni e ai Comuni soldi da spendere in fretta è il modo migliore per ridurre il rischio di alluvioni e promuovere l’adattamento al cambiamento climatico? Nella maggior parte dei casi crediamo che significhi semplicemente finanziare i progetti che gli enti già hanno nei cassetti: nuove opere di difesa (argini, briglie, soglie, difese spondali) che dovrebbero essere limitate a poche situazioni in cui sono davvero necessarie e non disseminate a pioggia sul territorio. Il fatto che avvengano disastri anche nei luoghi dove avvennero nel recente passato (si pensi al Tanaro) e dove già sono stati spesi milioni di euro per realizzare opere di difesa dovrebbe aver reso evidente a tutti che la difesa del suolo ai tempi del cambiamento climatico richiede un approccio del tutto nuovo. Infatti se volessimo ridurre significativamente il rischio ovunque solo attraverso nuove opere di difesa e mantenendo ad ogni costo quelle attuali non basterebbe tutto il bilancio dello Stato per realizzarle e poi per garantirne la corretta manutenzione.

È necessario restituire spazio ai fiumi, dove possano muoversi ed esondare, in modo non drammatico perché previsto dai Piani di Gestione di Bacino (gli strumenti attuativi della Direttiva Quadro sulle Acque) e gestito anche attraverso sistemi di allarme e prevenzione che scongiurino la perdita di vite umane e riducano i danni entro limiti accettabili. La priorità del Governo non può essere realizzare migliaia di opere diffuse da parte dei Comuni, opere locali che spesso hanno severi effetti negativi a scala più ampia, ma che solo una visione di bacino può adeguatamente valutare. Dovrebbe invece rendere finalmente efficaci i Piani di Gestione elaborati dalle Autorità di Bacino distrettuali, che negli ultimi anni hanno spesso maturato un approccio più moderno alla difesa del suolo e cominciano a riconoscere la necessità di interventi integrati che coniughino la riqualificazione degli ecosistemi fluviali con la riduzione del rischio.  

Parliamo di un approccio integrato che è richiesto dalla normativa europea e anche da quella italiana, ma che al Ministro Costa sembra del tutto sconosciuto. Lo stesso Ministro, che al Consiglio dei ministri dell’ambiente UE sosteneva la necessità di dare maggior supporto finanziario all’attuazione della Direttiva Quadro sulle Acque, ora se ne dimentica, proprio nel momento in cui va definita la strategia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Almeno il 37% del PNRR deve essere dedicato alla “transizione verde”, di cui sicuramente non fa parte l’ulteriore artificializzazione dei corridoi fluviali, e che dovrebbe invece includere uno degli obiettivi chiave della Strategia UE sulla Biodiversità per il 2030: rinaturalizzare 25.000 km di fiumi in Europa.

Serve fare un passo indietro e lasciare più spazio a fenomeni alluvionali che si prevede saranno sempre più estremi; la strategia dell’Italia non può consistere solo in nuove opere, che spesso hanno contribuito ad aumentare il rischio invece di ridurlo. Dobbiamo investire ingenti risorse per stombare corsi d’acqua prima che lo facciano da soli, per ricostruire ponti insufficienti, per arretrare argini e difese e riconquistare terreni al demanio pubblico, per delocalizzare aree residenziali e produttive e infrastrutture a rischio, per ripristinare aree di laminazione naturale delle piene e per indennizzare gli agricoltori che potranno essere danneggiati dalle esondazioni.

Non va poi dimenticato che è in corso la revisione e aggiornamento del Piano di Gestione Rischio Alluvioni e del Piano di Gestione Acque di tutte le Autorità di Bacino distrettuali nazionali, non c’è occasione migliore per introdurre il tema della resilienza e dell’adattamento ai cambiamenti climatici e per dare una netta sterzata alla situazione degli ultimi anni, di forte involuzione di tutta la pianificazione di bacino, con le Autorità di Bacino distrettuali nei fatti sempre più svuotate delle loro funzioni, a favore di un approccio locale ed emergenziale dato in mano alla gestione commissariale dei Presidenti di regione.

L’occasione per cambiare finalmente direzione nella strategia di gestione di fiumi e territorio è epocale. Ci auguriamo che il Ministro Costa e il Governo non se la lascino scappare.

Venezia, 14 ottobre 2020  

Come possiamo migliorare la gestione dei nostri fiumi?

Nella video animazione realizzata, con il coordinamento del CIRF, nell’ambito del progetto HyMoCARES, viene rappresentato com’è possibile migliorare la gestione dei nostri fiumi e quali sono gli errori da evitare.


Foto copertina: La devastazione lungo la provinciale per San Giacomo di Entracque | E. Piacenza.| Sito web Aree Protette Alpi Marittime

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