Ott 20, 2023 | In evidenza

Idroelettrico e rinnovabili in UE: stop a nuovi finanziamenti e verifiche più severe

100 ONG europee – tra cui il Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale (CIRF) rispondono duramente alla lettera del 4 maggio 2023 di Lukasz Kolinski – responsabile delle energie rinnovabili e dell’integrazione dei sistemi energetici della Commissione Europea – sul ruolo dell’idroelettrico nella diffusione delle energie rinnovabili nell’UE.

Gli aspetti più critici sui cui le ONG puntano l’attenzione riguardano la mancanza di ruolo strategico per la maggior parte dei nuovi impianti finanziati, la verifica del rispetto dei criteri ambientali, l’efficacia delle misure di mitigazione messe in atto.

La Commissione ha scritto che le centrali idroelettriche avranno un ruolo sempre più importante nel bilanciare le fonti di energia rinnovabile intermittenti, come eolico e fotovoltaico. Tuttavia, tale ruolo può essere svolto in misura significativa solo da grandi centrali idroelettriche ad accumulo. In Europa, la maggior parte dei nuovi impianti idroelettrici previsti è di piccole dimensioni e ad acqua fluente: il 93% ha una potenza inferiore a 10 MW e il 60% inferiore a 1 MW. In Italia i nuovi impianti idroelettrici hanno in media una potenza installata addirittura inferiore a 0,5 MW. Pertanto, la quasi totalità del nuovo idroelettrico non ha alcun valore strategico.

Secondo la Commissione gli strumenti normativi esistenti (quali le valutazioni di impatto ambientale, il divieto di deterioramento dello stato dei corpi idrici e le specifiche procedure di deroga previste dalla Direttiva Quadro sulle Acque) assicurerebbero la sostenibilità dei nuovi impianti. In realtà, le associazioni hanno raccolto e segnalato numerosi casi in cui questo non avviene e tali obblighi vengono, nei fatti, aggirati. Uno dei motivi della solo parziale attuazione è che le valutazioni di impatto ambientale sono spesso elaborate da società di ingegneria che dipendono economicamente dalla realizzazione dei progetti idroelettrici stessi.

In terzo luogo, le misure di mitigazione degli impatti degli impianti sono in gran parte insufficienti. Le portate idriche rilasciate sono spesso inadeguate rispetto alle esigenze di deflusso ecologico: i passaggi per pesci sono solo molto parzialmente efficaci, e spesso non vengono né monitorati, né manutenuti e anche il transito da monte a valle della fauna ittica è molto raramente assicurato. I grandi impianti non assicurano un adeguato transito di sedimenti, creando deficit a valle, e non mitigano le oscillazioni artificiali di portata (hydropeaking).

Le associazioni contestano poi la pretesa multifunzionalità dei nuovi invasi idroelettrici: il ruolo di contenimento delle piene e di accumulo idrico per la siccità è spesso più teorico che reale e i diversi usi sono quasi sempre in conflitto tra loro. Ben più strategico, per entrambi gli obiettivi, sarebbe restituire spazio ai fiumi, come richiesto dal nuovo Regolamento Europeo per il ripristino della natura.

Il CIRF si unisce alle 100 ONG europee chiedendo alla CE di:

Assicurare che nessun nuovo progetto idroelettrico in Europa riceva finanziamenti dall’UE, in particolare attraverso i fondi Next Generation EU, che devono essere utilizzati per una vera transizione ecologica, rispettando l’obbligo di non arrecare danni ambientali significativi,

Assicurare – quando si esaminano i piani di sviluppo degli Stati Membri che designano le aree di accelerazione delle fonti rinnovabili – che qualsiasi nuovo progetto di idroelettrico rispetti appieno la legislazione ambientale europea, compreso l’articolo 4(7) della Direttiva Quadro sulle Acque.

Andrea Goltara, direttore del CIRF, commenta: “In Italia non c’è più spazio per nuovi impianti idroelettrici nei corsi d’acqua naturali e continuare a incentivarli è del tutto immotivato. La priorità, semmai, in questo momento è procedere al rinnovo delle grandi concessioni esistenti assicurando adeguati investimenti di mitigazione e compensazione ambientale”.

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